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mercoledì 22 giugno 2011

La sinistra al caviale che non vuole ricordare Francesco Cecchin.

La sinistra al caviale contro l'intitolazione dei giardini di piazza Vescovio a Francesco Cecchin. Sembra incredibile, parlando di un ragazzo di 17 anni picchiato e buttato giù da un muretto da un gruppo di squadristi dell'area antagonista della sinistra romana, tra cui probabilmente esponenti del Pci locale. Un ragazzo morto dopo due settimane di agonia in ospedale. Succedeva nel '79, trentadue anni fa. L'unica colpa di Franceso Cecchin era quella di essere di destra in un periodo in cui "uccidere un fascista non è reato", come recitavano gli slogan dell'epoca. Per questo è stato inseguito dal drappello di scalmanati estremisti rossi, scesi da una Fiat 850 al grido di "Ecco il fascista, è lui, è lui, prendiamolo!". Una fuga durata pochi metri: da piazza Vescovio fino al civico 5 di via Montebuono, dove Francesco è stato prima malmenato e poi gettato da un muretto alto 5 metri. Non ha mai avuto giustizia perché i colpevoli non sono stati trovati, in realtà neppure cercati: l'unico imputato, Stefano Marozza, è stato assolto.
Eppure c'è chi non si vergogna a fomentare l'odio, ancora oggi. Persino l'apposizione di una targa in ricordo di Francesco, in quel punto di piazza Vescovio dove è iniziata la caccia all'uomo, secondo l'opinione di alcuni intellettuali e politicanti di sinistra è "un affronto". Un "gesto inopportuno", "unilaterale", che potrebbe scatenare rancori sopiti. A trentadue anni di distanza.
Prima le proteste dell'Anpi (!!), poi addirittura una lettera al sindaco Alemanno per chiedere di non intitolare i giardini di piazza Vescovio al giovane martire della violenza politica. Violenza di sinistra. Una lettera con tanto di raccolta firme.
"I manifesti affissi nel nostro quartiere annunciano l'intitolazione dell'area verde di piazza Vescovio a Francesco Cecchin. Nei giorni scorsi, inoltre, in Consiglio municipale è stato annunciato che lì sarà eretto anche un monumento a lui dedicato. Questi due fatti ci colpiscono sia per la mancanza di un'adeguata informazione alla cittadinanza sia per le conseguenze che da essa potranno derivare in un quartiere che in anni non lontani è stato teatro di episodi di violenza politica". Comincia così la lunga missiva sottoscritta, tra gli altri, da registi come Ettore Scola, Citto Maselli e Paola Comencini, intellettuali come Nicola Tranfaglia e Giorgio Manacorda, sindacalisti come Pietro Larizza e politici del centrosinistra che vanno da Fausto Bertinotti a Raffaele Ranucci, da Edo Ronchi a Vincenzo Visco a Luigi Manconi. Ma non ci sono solo loro, hanno firmato anche comuni cittadini.
La lettera continua così: "Ci appelliamo a Lei, sindaco di tutti i romani, affinchè si faccia promotore di azioni che portino beneficio comune, azioni che vadano mai a dividere e sempre ad unire la cittadinanza. Purtroppo da un po' di tempo a questa parte il susseguirsi di episodi di violenza politica in città ci riportano invece al ricordo ancor vivo di un'epoca che credevamo passata, conclusa, destandoci la preoccupazione che quel clima di odio e di paura possa tornare a farla da padrone a Roma e nei nostri quartieri, che hanno conosciuto da vicino quella triste stagione della nostra storia, stagione di lutti e dolore. Piazza Vescovio come ogni luogo di questa città non dovrebbe appartenere a nessuno in particolare; le piazze sono di tutti, le piazze sono ricchezza e patrimonio della comunità".
Per i firmatari di questa lettera, l'idea di omaggiare Francesco Cecchin è una sorta di esproprio di un luogo pubblico in memoria di qualcuno "che stava da una parte sola", quella più vicina al sindaco.
In realtà, nessun esponente di destra ha protestato quando il viale parco delle Valli è stato dedicato a Valerio Verbano, una vittima "di sinistra". E l'idea di intitolare uno spazio a tutte le vittime degli anni di piombo, di destra e di sinistra, non è stata affatto accantonata. Ma forse non basta alla sinistra al caviale, che più di trent'anni dopo non riesce a rinunciare alle ideologie, alle strumentalizzazioni, alla faziosità. E non riesce ad accettare il fatto che l'intitolazione di un'area verde ad un martire politico di destra non sia affatto "un'occupazione abusiva del territorio", ma solo un omaggio doveroso da parte di chi non vuole dimenticare.

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