Strage di Bologna: ora si indaga sui palestinesi. Tutto parte da un fonogramma ignorato dai pm. L’onorevole Fragalà lo scoprì. E gli costò la vita. Indagati dopo 31 anni due terroristi rossi legati a Carlos lo Sciacallo: in quei giorni erano in città.
Fu la Commissione Mitrokhin da me presieduta a scoprire la vera pista della strage di Bologna, su cui finalmente qualcosa comincia a muoversi. Ad aprire la strada fu l'onorevole Enzo Fragalà, il quale pagòun prezzo mostruoso alla sua limpida testardaggine: fu ucciso a bastonate da un ignoto sicario nel febbraio del 2010 a Palermo. Fragalà era stato sostituito in Commissione dal deputato Enzo Raisi che portò avanti con molta decisione la pista poi chiamata «palestinese».
Io, come presidente, non volli pronunciarmi sull'eventualità che il mandante della strage fosse la fazione Fplp dell'Olp palestinese, perché non ho mai trovato sufficienti e convincenti gli indizi, ma quel che è certo è che sul luogo della strage il 2 agosto di trentuno anni fa c'erano gli uomini del terrorista Ilich Ramirez Sanchez, più popolare sotto il nomignolo di Carlos lo Sciacallo, che sta ora scontando due ergastoli a Parigi per stragi commesse in Francia. Come scoprimmo con Fragalà, Carlos era all'epoca un agente sovietico del Kgb residente a Budapest, dove aveva arruolato un gruppo di terroristi delle Br italiane.
Costui agiva sempre sotto la supervisione sovietica e della Stasi tedesco orientale. Quando nel dicembre del 2005 la Commissione da me presieduta si recò nella capitale ungherese per una rogatoria internazionale al fine di ricevere dalla Procura generale di Budapest una grossa valigia di cuoio verde contenente gli schedari di Carlos, della Stasi e del Kgb. I giudici ungheresi mi dissero che Carlos era stato sistemato a Budapest dai russi con libertà illimitata e quando gli ungheresi tentarono di pedinarlo, il terrorista non esitò ad aprire il fuoco contro gli agenti.
Tuttavia, a parte il nome del brigatista Antonio Savasta, gli ungheresi dissero di non poterci consegnare i documenti sulle attività di Carlos e dei suoi uomini (dunque anche quelle dell'artificiere della banda «Separat», Thomas Kram ora sospettato di aver fatto scoppiare la bomba, e la terrorista Christa Margot Frohlich che con lui alloggiò a Bologna nelle ore della strage) perché l'attuale Federazione Russa ha il diritto di segretare tutti i documenti ancora esistenti nei Paesi dell' ex Patto di Varsavia e infatti la diplomazia di Putin mise il veto sulla verità.
La Commissione Mitrokhin andò a compiere una rogatoria anche a Parigi dove Carlos è detenuto e ci recammo al Parquet, ospiti del procuratore Jean Louis Bruguière, l'uomo che fece condannare all'ergastolo Carlos e che fra l'altro mi disse di aver saputo che l'attentato al Papa del 13 maggio del 1981 (pochi mesi prima della strage di Ustica e poi di Bologna) era stato pilotato non dal KGB sovietico, ma dal servizio militare dell'Urss, il GRU. Fragalà e poi Raisi erano particolarmente impegnati su Bologna, poiché la responsabilità dell'infame strage fu data ai terroristi «neri»Giusva Fioravanti,Francesca Mambro e Luigi Ciavardini. Questo impegno portò a scoprire un fonogramma successivo di poche ore alla strage firmato da Gianni De Gennaro (futuro capo della Polizia, ma allora direttore della Criminalpol) in cui si avvertiva che il terrorista comunista tedesco Thomas Kram era a Bologna mentre esplodeva l'ordigno nella stazione.
Si scoprì che il fonogramma era stato ignorato, che la più importante pista investigativa era stata sepolta, che le evidenti ipotesi di coinvolgimento arabo (palestinese o libico è da vedere) erano state accuratamente insabbiate, così da spingere il processo nella direzione di una «pista nera» fascista che, come osservò anche Francesco Cossiga, non aveva capo né coda. I terroristi neri accusati e condannati in via definitiva si dichiararono sempre innocenti, ricordando di essersi sempre riconosciuti colpevoli di tutti gli atti di terrorismo per cui erano già stati condannati a diversi ergastoli: «Perché mai, dissero, se fossimo stati noi i responsabili della strage di Bologna avremmo agito in maniera diversa da quella che abbiamo sempre adottato, negando un delitto che non avrebbe aggiunto nulla sulla nostra detenzione?».
Il deputato Enzo Raisi ha poi firmato con Gabriele Paradisi, Gian Paolo Pelizzaro (già consulente della Commissione Mitrokhin) e Francois de Quengo de Tonquédec il volume «Dossier. La strage di Bologna. La pista segreta». Come ho detto, la tesi di questi investigatori, parlamentari e giornalisti, quella secondo cui la strage fu commissionata a Carlos ( che era sotto la supervisione sovietica e tedesco orientale) da una frazione palestinese guidata da Abu Abbas che era anche un agente sovietico. Loro se ne dicono convinti. Per quel che mi riguarda resta aperta e secondo me molto più credibile la tesi sostenuta con vigore e rigore anche dall'ex sottosegretario Giuseppe Zamberletti.
L'ex capo della Protezione Civile ha sostenuto che la strage di Ustica (causata certamente da una bomba sistemata a ridosso della toletta del Dc9 Itavia: nessun missile, nessuna battaglia) e quella di Bologna che segue di un mese la prima, furono commissionate dal dittatore libico Gheddafi per avvertire (con Ustica) e punire poi con Bologna l'Italia, colpevole di aver estromesso Tripoli dallo sfruttamento petrolifero del mare di Malta.
I libici non erano certo nuovi a imprese del genere, com'è dimostrato dal fatto che Gheddafi accettò di assumersi la responsabilità e di risarcire le vittime del volo Pan Am 103 partito da Londra il 21 dicembre 1988 e diretto a New York, che esplose sopra la cittadina scozzese di Lockerbie, in perfetta analogia con quanto era accaduto al Dc9 Itavia partito da Bologna (che combinazione) e diretto a Palermo. Bologna e Ustica sono certamente due stragi in cui la verità è stata coperta, i colpevoli sono stati salvati e su cui ora, lentamente, si sta facendo un po' di tardiva luce.
di Paolo Guzzanti
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